“I giovani devono essere trattati con serietà” Fulvia Bacchi

Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Fulvia Bacchi, Amministratore Delegato di Lineapelle e Direttore Generale di UNIC. Abbiamo affrontato molti temi dal suo percorso personale al mondo della conceria e pelletteria, al lavoro, alla situazione delle donne fino ai consigli per i giovani. E’ stata una chiacchierata piena di spunti e di punti di vista originali.

Quale è stato il tuo percorso per diventare Amministratore Delegato di Lineapelle e Direttore Generale di UNIC?

Mi vergogno quasi a dirlo. Sono cinquant’anni che lavoro per l’Unione Conciaria e per la fiera Lineapelle, Sono entrata con un ruolo impiegatizio, diplomata in ragioneria, studiavo sociologia a Trento e venni selezionata perché andavo bene a scuola. Ero giovanissima, avevo vent’anni. All’epoca l’Associazione era composta da tre persone e oggi siamo 50 persone. Dopo tanti anni c’ è stato un cambiamento per raggiunti limiti di età della precedente direzione e mi hanno scelto sia come direttore generale dell’associazione che come amministratore delegato di Lineapelle. Questi cinquant’anni sono passati senza che io me ne sia accorta e Lineapelle l’ho vista nascere perché la prima edizione fu nel 1981.

Che tipo di associazione è la vostra?

Siamo un’Associazione forte, rispettata e anche invidiata e abbiamo dato vita a una fiera che oggi è la più importate al mondo. Abbiamo dei numeri stratosferici per la prossima edizione di settembre che quasi mi incutono un po’ di timore perché capisco che le aziende, che stanno vivendo una situazione congiunturale non facile, quasi vedono questa fiera come un faro nel settore.

Come nasce Lineapelle?

La conceria non aveva una sua Fiera, c’erano tante fiere sparse nel mondo di prodotti conciari, ma nessuna che fosse effettivamente diretta dai conciatori. Così negli anni ‘80 nasce Lineapelle con lo scopo di raccontare che la conceria non è solo calzature, pelletteria e abbigliamento, ma anche arredamento e automobile. La fiera ha immediatamente successo. Il mondo si apriva, all’internazionalizzazione, i nostri conciatori non temevano confronti con quelli degli altri paesi, e noi abbiamo fatto sì che la nostra fiera fosse veramente una vetrina aperta, abbiamo accolto conciatori di tutto il mondo, ma soprattutto tutti i settori satelliti: dai tessuti ai materiali alternativi. Nel 2016 ho assunto la direzione dell’associazione, sono diventata amministratore delegato di questa fiera e ho cercato di portare avanti questo discorso, anzi di incrementarlo sempre di più.

Come ti sei trovata, da donna, in un mondo di uomini, perché credo che le concerie siano un mondo abbastanza maschile.

Direi che non ho avuto alcuna difficoltà. Come ho detto, ho cominciato veramente dal basso in associazione ho fatto tutto. Devo aggiungere che la nostra è una categoria imprenditoriale veramente particolare, dove si è sempre guardato più alla sostanza che alla forma e quindi credo che abbiano sempre apprezzato l’impegno, la disponibilità e le capacità. C’è’ sempre stato molto rispetto, non soltanto per me, ma anche per la mia collega, direttore dell’istituto di certificazione, e per l’exhibition manager della che è una donna. Ripeto: in tantissimi anni, ho sempre avuto, da parte dei miei imprenditori rispetto, aiuto, disponibilità

Da quello che vedi, dal tuo osservatorio ampio, questo tema è reale o c’è un eccessivo vittimismo da parte delle donne?

Qui mi sento di fare una premessa: io ho sempre avuto un grandissimo aiuto, ho potuto essere moglie, madre, perché avevo a mia disposizione nonna, mamma e zia e questo, in qualche modo, mi ha favorito. Avevo anche un marito che mi ha sempre supportato (anche questo è importante), mi ha sempre spinto a non rinunciare a niente, quando me ne andavo sapevo che i miei figli erano al sicuro. E questo mi ha aiutato. Ma nel mondo del lavoro ci sono, certamente, delle situazioni difficili perché mi raccontano anche degli episodi sgradevoli. Credo che riconoscere la diversità sia importante nel lavoro e che ci sia bisogno di una complementarità dei ruoli

Che cosa ne pensi della smart working? Danneggia il senso di appartenenza all’azienda?

Io ho un forte senso di appartenenza e, secondo me, oggi questo senso di appartenenza è venuto meno nella maggior parte delle persone che lavorano e non soltanto nei giovani. Non c’è solo più attenzione alla vita privata, ma molte aziende, a mio parere, non sono riuscite a creare il senso di appartenenza per i loro lavoratori. Quando Fendi, Valentino fanno sfilare le maestranze fanno un’azione importante perché c’è il riconoscimento del fatto che un’azienda è composta da tantissime persone. Se lavori in smart working, tu fai il tuo lavoro ma non appartieni all’azienda e non c’è scambio, quindi puoi farlo un giorno a settimana se vogliamo. Soprattutto in lavori come il nostro dove da un momento all’altro può succedere che tu abbia bisogno di approfondire non è che puoi aspettare che la persona ti chiami.

Questa diffusione delle call, delle riunioni on line dopo la pandemia, secondo te, rappresenta un progresso?

Le call sono un grosso problema perché orami ci si è talmente abituati che per pigrizia, per mancanza di impegno diventano quasi la normalità. Ti faccio un esempio: avrò l’assemblea a Napoli alla fine del mese. La faccio a Napoli per due motivi: uno perché inaugura la nostra conceria di Pompei e due perché c’è il nostro istituto di conceria, la maggior parte degli associati (oggi Napoli la raggiungi con un’ora di volo) ha chiesto il collegamento da remoto. Questo non consente lo scambio, anche perché tu sei in call, ma se hai bisogno di far qualcosa, spegni voce e telecamera e fai tre miliardi di cose per cui riesci a perderti la metà della riunione. Può essere utile solo per cose superficiali, non certo approfondite, soprattutto questi incontri non ti danno niente, un incontro di persona ti regala sempre qualche emozione. Hai solo informazioni ma le informazioni se non c’è tutto il resto servono a poco. Però purtroppo questa pratica delle call ha preso un po’ il sopravvento secondo me.

Cosa vedi nei giovani oggi e che consigli daresti a un giovane che si approccia al mondo del lavoro?

Anche qui, vorrei andare un po’ controcorrente perché io ho rapporti quasi quotidiani con i giovani delle scuole di moda, con i giovani conciatori e vedo dei ragazzi molto impegnati. Il problema dei giovani, secondo me, esiste nel momento in cui ai giovani non viene data la possibilità di essere trattati con serietà. Vedo molta curiosità, molta voglia di approfondire e anche disponibilità, io sono molto positiva rispetto a questi ragazzi. Ma quello che suggerisco ai giovani è di essere pazienti e concreti, di impegnarsi perché alla fine, le capacità, e l’impegno pagano sempre, ma anche di non essere superficiali, di andare in fondo alle cose e un po’ di senso del sacrificio. Però non ho una visione così negativa

Che cosa mi dcii della formazione?

Se non hai formazione non trovi niente. In conceria, specialmente, ci sono i prodotti chimici, le macchine, si tratta materiale organico, devi essere protetto etc.. quindi la formazione è fondamentale.

 

 

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